"Non c'è nulla di più semplice che vivere con un cane. Basta, quando rincasa, ascoltare il rumore delle sue zampe che ticchettano sul pavimento, respirare quell'odore che, nella sua scia, impregna con discrezione il corridoio della casa, e guardare scorrere i giorni fra i ciuffi dei peli che lui perde un po' dappertutto", scrive Cédric Sapin-Defour in "Il suo odore dopo la pioggia" sul legame indissolubile che lo unisce al suo bovaro del bernese Ubac. Questo romanzo ha avuto un successo straordinario, come pure "La gatta" di Colette, un classico dell'epoca, a conferma dell'universalità di questo amore incondizionato che nutriamo verso gli animali da compagnia, che si tratti di gatti, cani, cavalli o persino criceti.
L’Officine Universelle Buly intende dare un tocco di prestigio a un rituale tenero e immutabile come la spazzolatura del pelo dei nostri amici fedeli. Per questo propone una collezione per gli animali composta da una spazzola per gatti, due spazzole per cani e un nuovissimo grande pettine per cavalli, estremamente utile in questa stagione di muta. Cogliamo l'occasione allora per una lunga passeggiata a puntate nella storia dell'arte e del cinema con questi compagni di vita: dai cani delle dive ai gatti degli scrittori, muse eccezionali, fino agli animali più eccentrici e ai cavalli delle star di Hollywood.
Billie Holiday, la cantante jazz dalla voce affascinante, soprannominata "Lady Day", ha attraversato il caos della sua vita con alterne fortune. Poche le luci che hanno rischiarato un'esistenza altrimenti cupa: la musica e i suoi numerosi cani, fra cui i due chihuahua Chiquita e Pepe e il danese Gipsy. L'amica Lena Horne dice di lei: "Mi ricordo che la cosa di cui parlava più spesso erano i suoi cani: i suoi animali erano davvero gli unici amici di cui potesse fidarsi". Un cane in particolare, il boxer Mister, la proteggeva da tutto e da tutti. La seguiva da vicino, dalle quinte dei concerti ai bar equivoci di Harlem, e non esitava ad attaccare chiunque la minacciasse. Lei in cambio gli sferruzzava dei maglioncini, lo avvolgeva nelle sue pellicce e cantava per lui, mentre il cane la seguiva adorante con lo sguardo mentre saliva sul palco.
Billie Holiday e Mister, 1947
Salvador Dali, coerente con il surrealismo di cui era maestro, adottò gli animali più strani: un formichiere di nome Toro, che portava a passeggio al guinzaglio in metropolitana, un cigno chiamato Gala, in onore della moglie, e Babou, il suo preferito. Negli anni '60 Dali portava questo piccolo, fotogenico ocelot in giro per i palazzi del mondo e pagava sull'unghia i danni del suo passaggio su velluti e broccati.
Dali sfoggia il suo Babou
Alberto Giacometti
Corrispondente di guerra, romanziere premio Pulitzer e grande viaggiatore: Ernest Hemingway non è il prototipo dell'uomo che ama contemplare i suoi gatti e nutrirli con salmone fresco. Eppure... Nelle sue case in Florida e a Cuba spesso accoglieva più di cinquanta gatti, affibbiandogli nomi evocativi, da Princess Six-Toes a Clark Gable, da Furhousea Snowball. E loro lo ripagavano invadendo i letti, l'ufficio e la tavola da pranzo, con grande disappunto degli ospiti. Tutto questo perché era affascinato dalla loro onestà e indipendenza, come ebbe ad affermare in un'occasione: "Nessun animale ha più libertà del gatto".
Ernest Hemingway
Prima di diventare scrittore, a 20 anni Haruki Murakami ha fondato il "Peter Cat", un locale in cui si suonava jazz a Kokubunji, seguito da un altro a Sendayaga e uno a Tokyo, per unire le sue due prime passioni: la musica jazz e naturalmente i gatti. Il nome del bar si deve a Peter, il gatto di Murakami e della moglie, grati per il suo contributo di ronronnante calore nei periodi più complicati. È in questi stessi anni che il suo talento di scrittore sboccia e si esprime liberamente; in omaggio ai suoi amici, nei suoi romanzi compaiono qua e là gatti dai poteri straordinari.
Haruki Murakami
Haruki Murakami
La pittrice Frida Kahlo ha costruito attorno a sé un mondo immaginario, per sfuggire alle numerose e dolorose ferite e al corsetto che la imprigionava. Nei suoi quadri, ma anche nella sua "Caza Azul" a Coyoacán, in Messico, dove con il marito Diego Rivera creò una vera e propria arca di Noè, un'accozzaglia di cani senza pelo messicani e pappagallini, un'aquila, un cerbiatto, qualche gallina ma soprattutto due scimmie, Fulang Chang (omaggio di Diego) e Caimito de Guayabal, che lei amava in modo particolare. Su 143 dipinti di sua mano, 55 sono autoritratti che la ritraggono con queste scimmie ragno, nere e snelle, dagli occhi dolcissimi, avvolte in ombre mistiche.
"Autoritratto con le scimmie" (1943) Frida Kahlo
Se in "Uccelli" di Alfred Hitchcock Tippi Hedren deve affrontare centinaia di corvi, nella vita reale la sua passione sono i grandi felini: leoni, tigri e altri gattoni del genere. Oggi dirige una riserva in California, la Shambala Preserve. Ma nel 1971 tentò un'esperienza inedita (e pericolosa) per la preparazione di un film: accolse in casa propria, dove viveva con il marito Noel Marshall e la figlia adolescente Melanie Griffith, Neil, un leone di diverse centinaia di chili. Successivamente Tippi Hedren avrebbe ammesso di aver fatto una cosa "assolutamente stupida", rischiare in questo modo la vita delle persone che amava mettendosi vicino una belva di quella stazza. Rimangono però le immagini straordinarie raccolte da Michael Rougier per la rivista Life: Neil che dormicchia in sala, che visita il frigo di casa o che gioca a mordicchiare i bambini...
L'attrice Tippi Hedren con il suo leone Neil, nel 1971
Nel 1966, nel pieno della Beatlesmania, Paul McCartney adotta una grossa palla di pelo: Martha, un adorabile cucciolo di bobtail sempre in cerca di coccole. Martha sarà la prima di una lunga serie di animali da compagnia... E in particolare ispirerà la canzone "Martha, My Dear", interpretata come un richiamo alla rottura della sua relazione con Jane Asher. In proposito McCartney commenterà: "Davvero, è solo una canzone. Parla di me che canto per il mio cane".
Paul McCartney nel giorno del suo 25° compleanno, con Martha, giugno 1967
Impossibile invece determinare la razza di Bobby, il cane preferito di Christian Dior. Quello che sappiamo è che il grande stilista scelse di dare il nome del suo piccolo compagno a un tailleur con gonna della collezione autunno/inverno 1953 e nel 1952 aveva usato la sua immagine come modello per un flacone di profumo Miss Dior: un bel cagnolino di cristallo che portava attorno al collo la scritta "Appartengo a Miss Dior".
Christian Dior e Bobby
Pare che Andy Warhol abbia iniziato disegnando ritratti dei gatti di sua madre Julia, che si chiamavano tutti Sam; negli anni '70 con il compagno, l'antiquario Jed Johnson, adottò un bassotto a pelo raso chiamato Archie. L'amabile cagnetto divenne una superstar della famosa Factory, riprodotto all'infinito nelle sue serigrafie. E così anche Archie fece una vita da jet set: medaglietta acquistata da Tiffany's, ciotole di caviale, vernissage e ristoranti. Negli ultimi anni di vita, Warhol si era ritirato dagli sguardi del mondo nel suo appartamento, arredato con gusto squisito. Unica compagnia i suoi due adorati "cani salsiccia", Archie e Amos.
Andy Warhol e Archie
Altrettanto si può dire di Robert Redford, anche lui amante dei cavalli sin dall'infanzia. L'attore ha dedicato un film alla loro misteriosa psicologia, "L'uomo che sussurrava ai cavalli" del 1998, e ha interpretato un campione di rodeo dallo spirito ribelle, in cui recita con un costume illuminato da luci al neon, ne "Il cavaliere elettrico" di Sydney Pollack del 1979. In seguito ha creato un rifugio per cavalli, il "HorseWhisper Ranch", vicino a Sundance, nello Utah.
Robert Redford nel 1970 nello Utah
Fin da ragazza Elizabeth Taylor ha esordito nel cinema in ruoli che la affiancavano ad animali: è un cane il protagonista di "Il fedele Lassie" del 1943 e in "Gran Premio" del 1944 è un cavallo da corsa. Aveva 11 anni a quel tempo, e si esercitò a lungo per quel ruolo di campionessa di equitazione. Nonostante una caduta da cavallo che le avrebbe lasciato fastidi per tutta la vita, alla fine delle riprese chiese al magnate degli Studios Louis B. Mayer di comprarle King Charles, il cavallo che aveva montato durante il film e del quale si era innamorata. E lui glielo regalò per il suo 13° compleanno. In proposito, Taylor commentò: "Ho imparato a saltare prima di Gran Premio, perché amavo la sensazione di volare. Era la cosa che più si avvicinava all'esperienza di Pegaso in volo accanto a Dio. La sensazione di libertà più intensa al mondo."
Elizabeth Taylor nel 1944 con King Charles
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